Los Vivancos Extreme Flamenco Fusion

Hanno tutti nomi biblici e cioè Elias, Judàh, Josua, Cristo, Israel, Aròn e Josuè e hanno lo stesso cognome, Vivancos, oltre a un’unica passione: la danza. A comunicargliela sin da quando erano piccolissimi il padre Pedro Vivancos, grande ballerino..

Los Vivancos




Los Vivancos

Categoria: Ballerino

Hanno tutti nomi biblici e cioè Elias, Judàh, Josua, Cristo, Israel, Aròn e Josuè e hanno lo stesso cognome, Vivancos, oltre a un’unica passione: la danza. A comunicargliela sin da quando erano piccolissimi il padre Pedro Vivancos, grande ballerino..
Hanno tutti nomi biblici e cioè Elias, Judàh, Josua, Cristo, Israel, Aròn e Josuè e hanno lo stesso cognome, Vivancos, oltre a un’unica passione: la danza. A comunicargliela sin da quando erano piccolissimi, il padre Pedro Vivancos, grande ballerino di flamenco. Oltre ad amare molto la danza, amava molto anche le donne, visto e considerato che questi fratelli Vivancos sono solo sette dei trentanove figli, tra cui anche due femmine anche loro danzatrici, che Vivancos padre ha messo al mondo da sette madri diverse. In questo caso, si può dunque affermare che il detto latino “mater sempre certa est, pater nunquam”, non vale.“Los Vivancos”, il più noto di loro in Italia è Cristo che ha partecipato anche ad una recente edizione di “Amici”,sono considerati ormai in tutta Europa le nuove star del flamenco moderno. I loro spettacoli sono ricchi di adrenalina pura, energia e dinamismo dove i sette fratelli (a quanto pare ancora senza le spose), belli ma soprattutto bravi, mescolano il flamenco con la danza moderna, il classico e l’hip hop, oltre ovviamente alla musica, che conoscono bene perché ognuno di loro suona uno strumento. Cristo, come rappresentante dei suoi fratelli, ci racconta come siete arrivati ad ottenere questo grande successo? Il nostro mito è papà Pedro, è lui che ci ha insegnato a ballare, però abbiamo anche un altro mito: Roberto Bolle. Per noi è un grande esempio quando cerchiamo ispirazione per le nostre coreografie. Ma ci piace tantissimo anche Carlos Acosta, grande ballerino anche lui che si è formato alla Scuola del Balletto Nazionale di Cuba. Osserviamo anche molto la gente che vediamo per strada, le persone che camminano in un modo particolare e magari ci colpiscono per una qualche caratteristica nel loro modo di muoversi. Come definite il vostro genere di danza, visto e considerato che amate le contaminazioni con gli altri stili e andate oltre il flamenco? Noi lo definiamo “Extreme flamenco fusion”. Nello spettacolo che vedrete qui a Milano per esempio presentiamo una coreografia che si intitola “Hombres” nella quale sono mescolate insieme tango e buleria, in “Amarte", basata sulla “Toccata e fuga in Re minore” di Johan Sebastian Bach l’ispirazione è la danza classica. Poi c’è la danza da strada in “Hip –Henco” e nella coreografia “El duelo” torniamo alla danza classica con il "Capriccio" di Paganini e un concerto di Dvorak. E ancora in “Hermanos” balliamo al ritmo della rumba. Come fate per le coreografie, ve le create da soli o vi appoggiate a qualche artista esterno? No, in genere le creiamo da soli, anche perché ognuno di noi è specializzato in qualche cosa di diverso. Per esempio Aaròn e Cristo conoscono meglio la danza classica, mentre Eliàs ha una base molto solida di flamenco e ha studiato musica sinfonica. Comunque ognuno di noi è anche musicista e durante lo spettacolo suoniamo dal vivo insieme ad un gruppo di altri cinque musicisti che ci accompagna durante lo spettacolo. Inoltre creiamo anche il disegno delle luci. Però il flamenco rimane la principale base di danza che ci ha dato nostro padre con anni e anni di studio. A volte comunque collaboriamo anche con qualche altro artista che chiamiamo per aiutarci nei nostri spettacoli. Voi siete già stati in Italia l’anno scorso e finora avete ballato in palazzetti dello sport di tutto il mondo che avete riempito fino a tremila persone. Come trovate il pubblico italiano? Lo troviamo molto caloroso e del resto l’Italia ci piace perché è un po’ come la Spagna e ci sentiamo quasi a casa. Per noi poi, essere fratelli e lavorare insieme è come portarsi dietro un pezzo di casa nostra.





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